Lo scenario è fortemente negativo, non sono pochi i lavoratori Stellantis che hanno dei forti timori per il loro avvenire. Cosa sta succedendo.
Nella fabbrica Stellantis di Melfi, un clima di incertezza e di tensione pervade le vite di molti operai, in particolare di chi ha dedicato decenni di lavoro a questa realtà industriale. Una operaia, madre e veterana del settore, esprime il suo punto di vista su una questione di crescente attualità: il licenziamento volontario. La recente decisione di una collega di abbandonare il posto di lavoro ha suscitato riflessioni profonde e contrastanti tra i lavoratori.

Certo, non è facile lavorare in fabbrica, specialmente dopo i 30 anni, o peggio ancora dopo i 40. Ma cosa c’è di meglio là fuori, si chiedono retoricamente i lavoratori Stellantis coinvolti. La scelta della collega di andarsene, per quanto coraggiosa, ha messo in luce le difficoltà quotidiane che gli operai affrontano. Nonostante i ritmi serrati e la sensazione di essere considerati “anziani” e obsoleti, il salario continua a rappresentare un motivo fondamentale per rimanere. In un territorio caratterizzato da elevati tassi di disoccupazione e da un allarmante fenomeno di desertificazione, il lavoro in fabbrica resta una delle poche certezze.
Lincenziamenti Stellantis, la situazione è critica
Con l’arrivo della primavera, si prevede l’introduzione di incentivi per l’esodo, e già si fa strada una lista di operai pronti a cogliere questa opportunità, sperando di ricevere un “gruzzoletto” che permetta loro di intraprendere nuove strade. La multinazionale sembra avere un piano chiaro: ridurre il personale e mantenere solo coloro disposti a lavorare senza contestazioni, una strategia che genera preoccupazione tra gli operai.

“L’azienda sembra volerci allontanare, forse pensando che in futuro sarà più conveniente spostarsi altrove”, afferma l’operaia con tono deciso. “Ma noi non possiamo permettere che questo accada”. La lotta per la salvaguardia del sito di Melfi diventa quindi un tema centrale. Gli operai Fiat sono dell’idea di dovere difendere il loro posto di lavoro in un sito che ha ricevuto enormi investimenti dallo Stato e che ha sostenuto le famiglie della Basilicata per decenni.
Nessun futuro per chi perde il posto oggi
Abbandonare la fabbrica senza un piano alternativo sarebbe come lanciarsi nel vuoto. Persone che si sono licenziate e ora, dopo due anni, si trovano senza nulla: questo è il quadro più diffuso, a prescindere dall’età. Capita infatti sia ai dipendenti giovani che a quelli meno giovani. Ma è chiaro che più anni hai e più difficile è una ricollocazione. I soldi degli incentivi finiscono e senza un’occupazione sicura ci si ritrova in una situazione precaria.

Riflettendo sul passato, l’operaia ricorda un’epoca in cui il lavoro aveva un significato diverso. “Trent’anni fa, eravamo più motivati e l’azienda sapeva valorizzarci. Ora, la fiducia è svanita e pochi colleghi credono ancora nel proprio lavoro. Per chi si allontana, quali sono le prospettive future? Mettersi in proprio aprendo una attività è del tutto irrealistico, in un contesto così negativo politicamente ed economicamente, quale è quello attuale, è irrealistico. C’è invece chi non se la passa male, per fortuna.